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giovedì 2 dicembre 2010

EXTRATERRESTRE TERRESTRE


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I GIUBBOTTI IN EXTRA-IPERFIBRA CI ESTINGUERANNO (estratto da FUNGHI)

Abani Dàli Damja è il più illustre studioso indiano di Scienza Predeterministica. In due parole si tratta di un pezzo della conoscenza umana che s’interessa dei possibili sviluppi e delle possibili implicazioni di un’idea o di una scoperta.....

...Il dottor Abani... ...ha scoperto che tutto quanto ha a che fare con la chimica è composto da una serie di segmenti antonomini, cioè in continuo raffronto e mutamento, e i processi e i relativi prodotti di questi, sono parte di un disegno geometrico di proporzioni cosmiche. Gas, elementi basilari, particelle eccetera, sono composte da una o più di quelle linee, segmenti più o meno lunghi, che invariabilmente si conformano in base ad un disegno il cui sviluppo la Scienza Predeterministica, analizzando la possibile causa prima, prevede senza l’uomo. Detto ciò, il dottor Abani ha lanciato un allarme, ampiamente sottovalutato, oltre venti anni fa nel mondo scientifico: la vita biologica non è un mero frutto evolutivo. Essa non è che un transito verso qualcosa di diverso. Un transito esponenzialmente sempre più accelerato. A cosa sia destinata la realtà biologica, è stata la domanda che lo ha sorretto nelle sue ricerche di quasi un trentennio. Naturalmente il suo allarme, caduto nel silenzio in passato, oggi coglie qualche attenzione.

Circa nove anni fa, alcuni suoi collaboratori hanno scoperto una forma di vita assolutamente inspiegabile con le pregresse conoscenze umane. All’inizio si pensava ad un prodotto derivato da esperimenti biologici, qualcosa d’inesistente in natura. Poi, seguendo una felice intuizione, lo staff scientifico ha fatto degli esperimenti e delle ricerche sul fondo oceanico, partecipando ad una spedizione sottomarina che utilizzava l’Alvin2, la sorella gemella della batisfera che raggiunse i 3.000 metri nell’ottobre del 1993 sui fondali al largo della costa Messicana, la East Pacific Race. La zona scelta è la dorsale sud del Pacifico, al largo delle Isole Galapagos. Come si sa vi sono creature che metabolizzano sostanze organiche, partendo da sostanze inorganiche: metano, solfuro, anidride solforosa, cloruri metallici. In pratica una diversa catena alimentare in un diverso ecosistema, non più basata sulla luce solare, ma sull' ossidazione dell' idrogeno solforato sprigionato dalle sorgenti idrotermali di origine vulcanica. In questa zona di coltura sono stati “contaminati” alcuni batteri in colonie esistenti presso soffioni vulcanici, e successivamente prelevati e portati in laboratorio. Una volta sistemati i campioni di crosta batterica in attenta osservazione, gli scienziati si sono accorti dell’esistenza di una strana creatura, poco più grande di una formica, dalla forma mobile e senza alcun orifizio, che avanzava nella colonia di batteri senza un apparente apparato idoneo allo spostamento. Dopo molte supposizioni questa creatura era stata collocata come una variante Protista (né vegetale né animale né fungo) suscitando tuttavia grande meraviglia per le sue dimensioni e complessità. Infatti, a rigor di logica non sarebbe dovuta esistere. Purtroppo il dottor Adani e il suo staff non hanno avuto molto tempo per approfondire gli studi su quella creatura poiché questa si è come dissolta nell’aria dopo pochi giorni e non ne è restata alcuna traccia utile a successive indagini. Pur tentando di trovare ancora qualche altro esemplare, con grandi sforzi e sacrifici per i successivi sei anni , non si è approdato a nulla.

Nell’agosto di tre anni fa, seguendo una teoria azzardata circa il mutamento della creatura in spore, il dottor Adani ha recuperato le tracce di quell’essere, che aveva battezzato Photoprotix-alfa per la sua caratteristica sensibilità alla luce che ne stimolava cambiamenti e attività, proprio su una delle isole Galapagos. Questa sembrava essersi amalgamata in un Simbionte animale, poco simile alla forma precedente, ma con le stesse caratteristiche chimico-biologiche, e per il momento sembrava avere una limitata diffusione e un ruolo poco significativo nell’ecosistema. A prima vista si sarebbe detta una specie di macchia non organica che ricopriva alcuni crostacei. In un solo anno osservò che questo essere si evolveva esponenzialmente interagendo in maniera sempre più complessa con il suo ospite.

Da un’accorta analisi, surrogata dalla sua specializzazione, ha generato una proiezione che conferma le sue teorie circa la sparizione della vita come tale, e l’avvento di un qualcosa che non può essere ascritto come prodotto di una mutazione biologica. Infatti, ciò che sembra emergere non ha nulla che possa essere definita vita, così come la conosciamo.

Il mondo scientifico non solo non concordava e non riconosceva l’importanza di questa scoperta, sembrava deciso a destinare allo scherno e alla disistima il ricercatore e il suo intero staff.

Questo, in parole più semplici, il quadro.

Il Simbionte muta alcuni processi chimici basilari dell’ospite, in particelle di materia inerme. Però queste si muovono! Si riproducono. Proviamo a fare uno sforzo d’immaginazione accelerando esasperatamente il processo. Immaginiamo che il gatto di casa, attaccato dal Photoprotix-alfa, si tramuti in una statua nel giro di una settimana. Non ha più sangue né tessuti molli, organi e ossa sono scomparsi, ma salta, corre e gioca come prima. Al contatto sembra qualcosa di simile ad un sasso, ma è molto più leggero ed elastico. Per un accidente si spezza in due. Non muore, e di lì a qualche settimana, i suoi resti riprendono un’attività simile a quella precedente, magari in una forma adattata.

Questo… essere, non sembra aver bisogno di nutrirsi, non come saremmo capaci d’immaginare noi. Non muore perché non è viva, non come sapremmo immaginare noi. Continua senza sosta a colonizzare i viventi, dai batteri all’intera vita del pianeta, accelerando sempre più il processo. Tuttavia, sul piano di una fredda analisi, non lo si può considerare un pericolo perché non è un competitore, “Un po' come il ghiaccio non è nemico dell’acqua, ma solo un suo diverso stato.” come afferma il dottor Adani. “Com’è indubbio che siamo in guerra con questo non-essere.”

Una prima domanda é: possiamo combattere e vincere questa battaglia?

Il dottor Adani ritiene che non combatteremo, in quanto il tutto avviene lentamente, anche se, paragonato all’iter evolutivo della vita biologica, è come spostarsi a cavallo di un fulmine invece di correre a piedi, e per tanto non interesserà nessuno per i prossimi due o tre secoli, quando certamente il fenomeno sarà molto più avanzato. Ma anche se si riscontrasse una certa sensibilità al problema, se di problema si può parlare, secondo Adani non abbiamo nulla che possa interrompere il processo: “Se scoprissimo come cancellare la morte… forse ci sarebbe una soluzione. Ma a quel punto, non sarà proprio questa la strada verso l’eternità? Il tutto è indolore e irreversibile. Potrebbe essere persino affascinante. Vi preoccupate quando vi dicono che l’uomo tra diecimila anni avrà un corpo esile e la testa enorme? E che tra centomila anni sarà un essere evanescente?”

A questo punto, si converrà, sembrerebbe non aver senso l’allarme lanciato dal dottor Adani e la sua equipe.

Invece un pericolo vero e immediato c’è. I finanziamenti per gli studi e le ricerche del dottor Adani e del suo staff, arrivano dal mondo industriale, la stessa fonte dei possibili guai. Da uno degli esperimenti del laboratorio di Biochimica del dottor Adani, è emersa una scoperta allettante. L’unione di un Simbionte con alcune piante, produce una fibra due o trecento volte più resistente dell’originale. Un filo di cotone sarebbe venti o trenta volte più resistente alla trazione del migliore nylon. Lo stesso vale per altre piante simili. Con la canapa i risultati sono strabilianti. Tutto ciò ha spinto alcuni grandi gruppi industriali a richiedere maggiori approfondimenti nella ricerca al fine di commercializzare la scoperta.

Il risvolto negativo è quello per il quale queste fibre, a contatto con un corpo animale, tendono a migrare in esso. Si sono studiate guaine, rivestimenti e ogni possibile soluzione per isolare le fibre, ma, presto o tardi, il risultato non cambia. Nonostante ciò, i finanziatori del progetto intendono procedere nelle produzioni su scala industriale di questo prodotto. Questo comporta due successive gravi implicazioni.

La prima è quella del pericolo che molte piantagioni destinate all’alimentazione vengano convertite per la coltivazione delle piante da fibra.

La seconda è che la presenza di enormi quantità di piante modificate intaccherà il già precario equilibrio naturale. Adani e i suoi sono certi che sollecitando la presenza e la diffusione del Photoprotix-alfa, o meglio della sua evoluzione, questo colonizzerà in pochi decenni l’intero pianeta. Entrambe le implicazioni vanno sommate a tutte le incognite per l’uso massiccio delle varianti naturali volute dall’uomo, le cosiddette specie artificiali.

In pratica, premesso che l’obbligo del silenzio impera e che il solo parlare del Photoprotix-alfa e della sua natura suscita ilarità, se non disprezzo, nella comunità scientifica, il fatto è che, come per la mutazione climatica causata dall’uomo e dal suo assalto all’ozono, tra qualche anno saremo avvolti dalle super-fibre, con il loro carico d’incognite. Già se ne commercializzano alcune, di cui si tace la natura o il metodo produttivo.

In conclusione. Alcuni uomini hanno scoperto qualcosa che di per sé non susciterebbe alcun allarme, al massimo stimolerebbe la fantasia nel cercare d’immaginare un futuro molto anteriore, tanto quanto prossimo. Invece, al solito, qualche altro uomo ha inteso “possedere” il nostro tempo, giocando con la natura e con tutti noi.

Ho comprato un giubbotto di “Fibra Viva”, come è scritto nelle targhetta in Inglese. Mi è costato molto, ma è garantito contro l’acqua, il freddo ed eventuali cadute dalla moto. Mi sono chiesto se per caso il Photoprotix-alfa, anzi la sua variante industriale, è gia qui in casa mia. Se così fosse significa che scrivendo questa specie di articolo buona parte potrebbe essere un’autobiografia del Photoprotix-alfa.

martedì 19 ottobre 2010

DESOLIDAR


La voce del capo dei soccorsi arrivava chiara in ogni minimo angolo dell’immensa piazza, come se ciascuno dei presenti lo avesse accanto a sé. Questo confortava i disgraziati molto più di quanto si aspettavano. Riusciva a tranquillizzare persino chi sapeva di  non farcela. Dopo i primi minuti in cui disse che la grande crisi rendeva impossibile sostenere ed aiutare gli eroici pionieri a sopravvivere in quel posto che sembrava oramai al collasso, li invitò a dividersi per settori circolari in  base alle fasce d’età e alla condizione fisica. Infine spiegò, con parole semplici e appassionate, comprensibili per chiunque, i motivi delle scelte effettuate dallo stato, concludendo che lo stato non può sprecare le poche risorse rimaste ancora a disposizione e il perché della necessaria presenza delle truppe militari in quell’operazione. Una volta che i soldati si inserirono tra un settore e l’altro dei cerchi, proseguì con il dettare le modalità dell’evacuazione.
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Procederemo prima con i bambini in salute. Poi saranno portati in salvo tutti coloro in grado di darsi da fare con energia e i cui parenti si sono offerti di sostenerli fintanto che non si saranno rimessi in sesto. Seguiranno coloro che hanno parenti stretti in grado di prendersi cura di loro, e a seguire chi ha qualcuno che si è dichiarato disponibile a dargli una mano. Tutti gli altri dovranno aspettare tempi migliori. Tra questi ultimi, chi ha capacità e professionalità di rilievo, o precisi requisiti di salute, potrà fare un richiesta di sostegno che sarà inoltrata alle persone indicate. I militari tra di voi hanno i moduli da compilare al più presto e ordineranno agli aventi diritto di fluire dal proprio settore verso le navi di soccorso. Chiunque non sia chiamato deve restare dov’è.
Le operazioni di selezione durarono diverse ore e nessuno osò reclamare, fintanto che nella piazza restarono alcune migliaia di persone, di ogni età e condizione di salute.
Ma io ho una sorella!” gridò una giovane donna. “E io ho due figli!” gridò un uomo anziano. “I miei ex mariti mi passano gli alimenti per i bambini che vi state portando via!” Gridò disperata una donna matura. E così tanti altri. Chi per una ragione e chi per l’altra, chiunque avesse o credeva di avere qualcuno che poteva dargli una mano, non voleva accettare di restare in quel pianeta ostile, senza scorte né altro per sopravvivere. Tranne gli orfani e chi invece aveva contato sempre e solo sulle proprie forze. Dopo un primo momento di caos, furono raggruppati e circondati dagli armati. Un silenzio di fango avvolse le loro menti. Tuttavia, proprio chi non aveva nessuna speranza, si diede da fare per riportare una qualche luce tra i condannati.
Al mattino successivo, le operazioni per la partenza erano oramai al termine. Poco prima del via una donna ed un uomo di mezza età supplicarono il capo dei soccorsi di essere ascoltati per qualche minuto, prima di essere lasciati al loro destino. Il capo acconsentì non senza una punta d’irritazione. “Abbiamo deciso che chi resta si prenderà cura l’uno dell’altro. Vorremmo solo che voi, una volta tornati a casa, lo faceste sapere a tutti.” Disse con gentilezza l’uomo. “Non vi servirà!” Sibilò cinico il capo. “A noi no, ma forse a voi sì.” Rispose la donna, e lo implorò con passione. “Ce lo prometta in nome del nostro sacrificio!”.
I due sapevano che il capo dei soccorsi era un uomo dalle idee piuttosto rigide e ben difficile da commuovere, ma che se dava la sua parola l’avrebbe mantenuta. Quello scrollò le spalle seccato e, tuttavia, promise che avrebbe informato la gente sulle navi di questa loro intenzione, ma niente di più. Era certo che i profughi, in meno di qualche giorno, se ne sarebbero dimenticati. Ad un suo subalterno che gli chiese il motivo di quella promessa, rispose che era un’antica tradizione rispettare il desiderio di un condannato a morte. “Sciocchezze che danno ai condannati l’illusione che il boia rispetti almeno la loro morte.

Dieci anni dopo, il pianeta morente sembrava non voler concludere la sua agonia. La crisi, una delle tante che si succedevano nell’impero degli uomini, era passata e sul pianeta furono mandate delle navi, con al comando lo stesso uomo di dieci anni prima. Certi che oramai nessuno era rimasto vivo, lo scopo della spedizione era di saccheggiare i grandi giacimenti ancora intatti, prima del collasso. Senza le comunità dei coloni e le loro intermediazioni per lo sfruttamento, avrebbero fatto molto prima e molto meglio. Una volta pronto il primo carico, il pianeta fu scosso da terribili devastazioni naturali. L’intera flotta prese la rotta di casa con le stive vuote e con pochi superstiti. Giunti sul pianeta madre vennero raccolti in una enorme piazza dalle truppe militari, dove la voce del capo supremo spiegò loro perché erano stati divisi tra chi aveva parenti o amici che garantivano per la loro sopravvivenza e chi no. Il vecchio capo spedizione sorrise amaramente quando insieme alla maggioranza fu spedito via in un vascello privo di scorte alla deriva nello spazio.
In quel momento, in un angolo sperduto del pianeta morente, il luogo al riparo dai grandi sconvolgimenti tanto cercato, un ennesimo vagito si diffondeva nella piccola comunità degli esclusi.


Nik Redian è l'orfano orgoglioso

lunedì 8 marzo 2010

POHF EVEN and P. K. DICK

POHF EVEN
Old band jazz of the Pitch Soul
Nel 1957, P. K. Dick e Mucking Ethetha si conobbero al Pitch Soul di Chicago. Fu Ralph Barton, un comune conoscente dei due, a presentarli nella fortuita occasione.
Ethetha sembrava entusiasta di avere conosciuto l'autore di The Cosmic Puppets, La Città Sostituita, e iniziò a porre mille domande a Dick sui come e i perché di una storia del genere, confessando a questi che qualcosa di simile gli era capitata qualche anno prima, benché con tutt'altri sviluppi e meno ricca di fantasia.
Il tizio sembrava niente più di un maturo signore di colore, magari un po' alticcio ed in vena di deliri, tuttavia Dick gli chiese di raccontare la sua storia.
«Ok amico, te la racconto. Ma una volta finito ricorderai un fottuto niente di quanto ti avrò detto!» Secondo Barton, Dick diede corda ad Ethetha essenzialmente per far trascorrere il pomeriggio in attesa dell'ora della sua partenza, che sarebbe avvenuta verso sera. «Se t'interessa ricordarla dimmelo subito.», «Ok, m'interessa.» Rispose divertito lo scrittore.
Dopo qualche altra birra e un paio di bicchierini di scotch, Ethetha era giunto quasi alla fine del racconto e s'interruppe sulle le ultime fasi, quelle che avrebbero dato un senso, se mai ci fosse stato, all'intera storia.
Spinto dalle insistenze dello scrittore, Etheta si convinse a terminare il suo racconto, ma volle che Dick si allontanasse per consegnare il finale al solo Barton, facendosi promettere che quest'ultimo l'avrebbe riferita a Dick solo quando sarebbe uscito dal locale in compagnia dell'amico.
Una volta sul taxi diretto alla stazione centrale di Chicago, Dick pregò Barton di riferirgli quanto aveva saputo e questi, con una faccia confusa quanto perplessa, gli chiese di cosa stava parlando. Dopo qualche insistenza, Dick irritato dall'atteggiamento dell'amico, gli fece un breve riassunto del racconto di Ethetha e Barton, alla fine, rispose entusiasta: «Cazzo Dick! È la trama del tuo nuovo racconto? Aspetta!... non mi dire come va a finire che sennò poi mi passa la voglia di leggerlo!»
Si dice che lo scrittore abbia tentato più volte di scrivere quella storia, ma che per quanto si fosse impegnato non riusciva a proseguire oltre il primo capitolo, quello dell'incontro al bar.
Si dice anche che I. J. Marante, il filosofo dei paralleli multipli, esistente tra questo e il terzo parallelo scoperto da Vladimir Hokrja nel '73, abbia invece tratto la sua Teoria dei Lembi dalla stessa storia e che sia questa la ragione per la quale la si conosca poco o per nulla.
La Storia Vera mai Vissuta è alla base di ogni racconto di fantascienza - o Possibility Human Future Event, (Pohf-Even, come definisce la Fantascienza e i suoi orpelli il Marante - e che prima o poi, navigando nell'universo di questo segmento della letteratura, ci si deve imbattere in essa per non esaurire la propria vena creativa.

venerdì 15 gennaio 2010

L'ESSA AMA

ESSA AMA

Me ne liberi! Me ne liberi subito! ” La voce di Muxi era terribile. Sembrava un lamento di lame contorte. Amava Ester, almeno l'aveva amata, ma da un po' di tempo le cose andavano male. A parte il lavoro di oncologa che la teneva troppo impegnata, sembrava che la sua imbranataggine fosse peggiorata all'ennesima potenza.
Non posso! ” rispose irritato il dottor Faster, “ Lo sa che dovete concordarlo, altrimenti c'è pericolo che un lembo resti attaccato con conseguenze imprevedibili! È capitato che uno dei due non se ne sia liberato del tutto e ci è rimasto secco. Se ci tiene alla pelle si metta d'accordo con lei.
Ma è per salvarmi la pelle che voglio liberarmene! Questa mattina è sicuramente inciampata al lavoro, e si è fatta male al piede… Guardi!
Muxi mostrò la vistosa fasciatura del piede sinistro. “ Anche io ho preso in pieno la gamba della scrivania con il dito piccolo! È un continuo stillicidio! ” Faster scrollava la testa mostrando tutto il proprio disappunto. Glielo aveva detto che sottoporsi all'ESSA implicava un totale coinvolgimento empatico. Aveva avvisato entrambi, lui ed Ester, che dopo avrebbero condiviso ogni cosa, anche quelle brutte. Ora, poteva anche dirgli che con uno sforzo di volontà gli effetti empatici potevano essere controllati, per lo meno ridotti, ma non sarebbe servito. Non con uno in quello stato.
Questo non cambia che lei e la sua donna dovrete decidere, desiderare entrambi… ” e sottolineò con forza la parola ‘entrambi' “ …di riconvertire gli effetti dell'ESSA. Se uno dei due non è convinto, non serve.
Muxi era disperato. Ester sembrava cercarsi ogni casino apposta. Non gli avevano detto che una volta ‘trattati' dall'ESSA anche le goffaggini dell'una divenivano dell'altra. Vada per il modo di pensare, di amare, di desiderare le stesse cose, ma anche i guai si duplicavano!

Giunto a casa trovò Ester in lacrime. “ Accidenti! ” si disse, “ Dovevo immaginarlo che avrebbe empatizzato anche il bisogno di separarmi da lei! ” Tuttavia assunse un'aria afflitta. Del resto non ne poteva fare a meno. “ Se è per la mia… ” Lei lo interruppe con un gesto secco. “ Sai quei piccoli incidenti? Cancro! ” Muxi a momenti sveniva. Sapeva che non mentiva. “ Voglio separarmi. Subito! ” Continuò Ester decisa. “ Non dire niente e facciamolo. ” Muxi non sapeva se ringraziare dio o se sentirsi un verme. Sentiva che Ester aveva deciso per amore. Nonostante lui si sentisse sempre più assente e affatto felice. Ma in quel caso… l'ESSA avrebbe potuto procedere?… Ester intercettò la sua preoccupazione. “ Funzionerà. Perché lo desidero intensamente. Come te. ” Muxi sapeva che era vero anche quello.
Il pomeriggio seguente Muxi ed Ester erano di nuovo dal dottor Faster, che li aveva prenotati per la divisione. Avevano compilato il lungo modulo in silenzio, ed in silenzio si distesero sui lettini nella stanza dell'ESSA. La procedura era un po' più complessa. Non era facile districare un nodo empatico, lasciando intatte idee e pensieri di ciascuno dei due. Alla fine, tra una serie di verifiche e un lavorio intenso, la macchina restituì loro la condizione originale di due individui distinti.

Una volta a casa Muxi iniziò immediatamente a preparare le valige, ed Ester prese ad ostacolarlo. “ Cosa stai facendo? Vado via io, la casa la puoi tenere… ” Ester lo guardò dritto negli occhi, gli prese le mani e lo costrinse a sedersi. “ È al cervello… e ce l'hai tu. Sei tu quello che sta perdendo il senso dello spazio. Sei tu che stai male. ” Muxi non le voleva credere. Senza empatia non era in grado di valutare la sua sincerità. “ Come fai a saperlo? ” Ester sorrise triste. “ Sai che lavoro faccio, no? Ho colto i segnali. Domani verificheremo, ma ti starò comunque vicina.


Nik
è la valvola dell'ESSA.

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