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lunedì 14 dicembre 2009

NATALE A PRIMAVERA


Il Natale del 2068 fu l’ultimo Natale d’inverno. Da troppo tempo oramai la festività principale per incrementare i consumi doveva competere con altre occasioni e abitudini oramai consolidate. A cominciare dall’Halloween Four, cinque fine settimana di spese per le rivisitazioni dei vecchi classici dell’orrore. A seguire una miriade di festività e ricorrenze nazionali nate dal boom degli anni ’40, dove la folle spesa impazzava per ogni pretesto, come le Cellular Comm. Day, occasione per rinnovare il proprio modello di micro palmare ausonico con la data di scadenza di un anno. O la Skill Art Days, tatuaggi a copertura totali, asportabili e ricollocabili in cornici come quadri, o la due 2 Giorni Hig Sex passati a cavalcare splendidi esemplari del sesso a gettone. Per non parlare del capodanno esteso dalla mezzanotte del 31 dicembre fino al 6 gennaio, dove per ogni serata si festeggiava un tema: salute, amore, soldi, carriera, fortuna e coraggio. Già in grave crisi da decenni, il Natale veniva festeggiato da una sempre più esigua minoranza nel mondo industrializzato. Un certo successo lo riscuoteva ancora nei paesi poveri nella fascia dei tropici.
A questo punto si rese necessario trovare una soluzione drastica, rischiosa quanto di possibile successo. La data fu scelta cercando di accorpare l’antico periodo della quaresima e della Pasqua, in un continuum religioso, alternando di pochi giorni nascita e resurrezione, impegnandosi in suggestive rappresentazioni della narrazione biblica. Tutte le diverse cristianità furono d’accordo, ed unirono i loro sforzi. La seconda settimana di aprile era perfetta. Lontana dai monsoni estivi e dallo sperpero ateo dell’inverno industrializzato.
Si trattava di far capire come mai, per secoli, milioni e milioni di fedeli sapevano che il 25 dicembre era nato il Cristo. La maggioranza dei credenti non sospettava che tutte le chiese erano ben al corrente che Cristo era  nato approssimativamente 2 mesi dopo. Si sarebbe dovuto dai conto ai credenti della scelta mirata a soffocare le festività pagane, eredità Romaniche dure a morire, che anticipavano di qualche giorno il Natale del 25 dicembre, e che adesso si cedeva il passo alla vasta secolarizzazione moderna.
Non fu molto difficile. Babbo Natale e le sue renne erano già estinti e la Befana lo aveva preceduto nel 2020. Fu ritrovato un documento, un’antica pergamena in ebraico, già da secoli custodita nelle casseforti del Vaticano, in cui era ben appuntata la data di nascita di Gesù, e che spiegava come questa dovesse coincidere, per volontà divina, con lo stesso periodo della sua morte 33 anni dopo. La frase d’ordine che spiegava tutto era: “Abbiamo trovato la pergamena quando il signore ha voluto che sapessimo!” Funzionò.
La cosa, architettata ad arte, fece un tale effetto sui fedeli che questi reagirono con una vasta ondata di delirante esaltazione mistica. L’esempio coinvolse altre persone, ed in un susseguirsi di conversioni alla fede, in pochi anni il Natale riprese il suo posto di leader delle festività. C’è anche da dire che la settimana religiosa era splendidamente arricchita da spettacoli straordinari, concerti oceanici, predicazioni degne dei più grandi show mai realizzati.

Il 25 dicembre di quest’anno, a quasi 30 anni dal cambio data, nel nord europa, in tre città della Danimarca, dell’Irlanda e dell’Estonia, si è tenuta la prima festa del vecchio Natale d'inverno totalmente sponsorizzata dalla multinazionale Roloregex. Lo scopo era di registrare il brevetto del nome "Natale" in tutte le lingue. Essendo a tutti gli effetti un’operazione commerciale è stato dunque possibile. 

La Roloregex ha manifestato l'intenzione di far valere il copyright anche sul vero Natale religioso di primavera. Pur non intendendo proibire o ostacolare la ricorrenza religiosa, esige tuttavia che gli si versi una royalty (si vocifera onerosa) per l'uso della parola ‘Natale’ in ogni lingua, sia se è scritta o presente in una canzone, in uno spettacolo, in rete, e ovunque giunga al vasto pubblico. 
Sarà possibile usarla gratuitamente solo se accompagnata dalla frasetta ‘By Roloregex’.

Nik babbo pasquale

mercoledì 25 novembre 2009

AERE VOLGO REBELLAZIO

Tratto da:  Sette Possibili Strati


<<…con l’ultimo decreto della Corte Suprema Internazionale che respinse tutte le proteste e i ricorsi degli ultimi cinque anni, si avviò la grande macchina della privatizzazione dell’aria pulita. Ora ai meno abbienti non restava che dover respirare l’aria comune, mentre per chi aveva mezzi si aprivano nuovi periodi di benessere, privilegi e salute. Il problema del come fornire a chi pagava l’aria pulita era stato risolto con la prima grande rivoluzione edilizia. Intanto già da parecchi anni i più ricchi disponevano di interi quartieri purificati, case, uffici, posti di lavoro, cinema, teatri, centri sportivi, e ogni luogo dov’era stato possibile impiantare i grandi purificatori d’aria ad idrogeno solido. Adesso si trattava di fornire lo stesso servizio all’aria aperta. A parte le gigantesche cupole in Plextron che racchiudevano le aree privilegiate, ci si indirizzò su qualcosa di più radicale, benché questa soluzione avesse richiesto una più vasta mole di lavoro, ricerca e consensi. >>

<<>>
<< … la rivolta delle masse avvelenate non fu causata per una qualche questione di diritti, roba ampiamente dimenticata, quanto piuttosto per una considerazione a dir poco elementare. Un gruppo di scienziati e ricercatori fai-da-te, gente da mascherina per intenderci, dimostrò senza troppi sforzi che depurare le emissioni nocive direttamente alle fonti sarebbe costato circa un milione di volte in meno che non mantenere lo stato delle cose, che, tra l’altro era al collasso. La voce si diffuse e coinvolse anche i privilegiati, i quali vedevano in questa soluzione un enorme risparmio ed infiniti vantaggi. Certo, intendevano abitare ancora sotto le cupole, ma queste ultime avevano un costo di manutenzione esasperato ed inoltre non c’erano più operai o specialisti disposti al lavoro, malpagato e pericoloso, se non tra i disperati del mondo in maschera, ma anche questi ultimi si rifiutavano o erano inadatti. Insomma, tra il bisogno dei poveri di uscire dal pericolo e le condizioni sempre più onerose per mantenere privilegi dall’altra, l’idea che si potesse risolvere definitivamente la questione dilagò fulminea ovunque.

Esplose così la Prima Rivoluzione dell’Aria, che portò a scontri e blocchi stradali ovunque. Benché soffocata dalle milizie delle multinazionali, mise però in evidenza come queste ultime erano disposte a tutto pur di mantenere l’inquinamento alla fonte e non rinunciare a profitti sicuri ed eterni. La tregua durò un paio di anni. I costi dell’aria raddoppiati, una militarizzazione dei servizi e la distribuzione delle maschere solo a chi stava bene ai piani alti, fece infiammare La Seconda Rivoluzione dell’Aria, questa volta con una vera strategia alle spalle. Un rifiuto di massa ai pagamenti dei servizi e delle tecnologie costrinse le società a reagire con forza. I comitati di protesta delle Cupole e i Movimenti anti maschera furono soppressi attribuendo a questi l’interruzione punitiva della depurazione delle Cupole e dei prezzi alle stelle. Ad alcuni cittadini venivano strappate le maschere, e ad altri il micro-respiratore polmonare. La reazione popolare fu immediata. Gli assalti ai Magazzini controllati da militari, i rifornimenti rubati e distribuiti, generarono molte vittime scatenando così una sommossa planetaria, che culminò nello smantellamento del sistema, e nella ricostruzione di un mondo che prese coscienza del diritto all’aria. Da lì a quello per l’acqua il passo fu breve. E poi toccò agli alimenti, all’energia, e ad ogni altra risorsa naturale.

Una volta creato il giusto equilibrio, gli storici e i sociologi cercarono di risalire alle cause che avevano permesso la precedente situazione di catastrofe umanitaria. Circolavano diverse teorie a riguardo, ma la più insistente indicava il periodo tra l'ultimo ventennio del millennio passato e i primi anni del nuovo millennio, come il momento in cui si diffuse l'idea che le risorse del pianeta potevano essere privatizzate e che questo avrebbe portato ad un enorme progresso. Per quanto la cosa sembrava confermata da diversi documenti, si stentava a crederlo.... >>

 





Nik micro-pensatore in maschera....

mercoledì 14 ottobre 2009

GABBIE DEL NORD

Gabbie del Nord.
(I post Blog Pandararis sono corredati di immagini o video)


Marito e moglie si sono fatti 1.290 chilometri per arrivare in tempo a Garlasco da Messina. Sono appena le cinque e trenta del mattino e tra poco la fiera apre i suoi battenti. Volevano essere tra i primi ma sembra che molta altra gente abbia avuto la stesa idea. Devono comprare una cinquantina di gabbie del nord prima che restino solo quelle del centro e del sud. Il viaggio e i costi li ammortizzeranno con le prime trenta, se sono di seconda o terza scelta, e se arrivano a cinquanta il buon guadagno è assicurato.
Danno un’ultima occhiata alla piantina della fiera. Il padiglione che gli interessa è il primo a destra appena dopo l’entrata est, dove si sono fermati. Sperano in un po' di fortuna che arriva sculettando.
Una donna di mezza età, elegante e ben truccata, si accosta alla loro vettura. “Provenienza?”, "Messina! Gossisti!" rispondono in coro. “ah! Te chi il numeretto riservato a voi siciliani... avete il 52!” E gli porge un pezzetto di carta rossa con il numero. “Scusasse… non si potrebbe avere uno più basso?” La donna ride. “Guarda che l’è bas da tròp! e perché siete siciliani, capito? Ai meridionali all’entrata nord danno dal 70 in su!” La moglie prende il numero e se lo infila in borsa. “Son cento euro!”, “Minchia!” sbotta il marito, “Cento castagne? E che? Oro è diventato? E se poi nemmeno ci troviamo una minchia di ggabbia?” La donna scrolla le spalle indifferente. Lui osa. “Amici del posto ci ddissero che per noialtri siciliani della giusta provincia… ci sono altri nnumeri!” La moglie annuisce complice e la donna sorride infilando la testa nel finestrino per rispondere a bassa voce. “Con mille cinc cent ti passo il 5! I primi quattro sono già all’asta… l’è na roba grossa! Tre, quattro, cinquecento gabbie al top! Si parte da tremila cinc cent per il numero 1, ai duemila e cinc cent per il 4!” I coniugi si guardano incerti.
Speravano di infilarsi nel sistema dei favori messo in piedi da faccendieri e mediatiori del nord e si erano preparati, ma non avevano soldi a sufficienza per partecipare all’asta. Il numero cinque gli va bene, tuttavia, capendosi al volo, la moglie parte con la trattativa. “Facciamo cinquecento? Che se poi cenne rrestano poche o sono rrobba da niente? Ah?”, “Anl’ho minga temp da perdi mi! Mille e cinquecento o ciapa el 52 e stop!”, “Ottocento! Che poi ci rricordiamo e ti dobbiamo un favore. Tini quaccuno dda eleggere?”, “Uè, senti! M’interessi minga sta roba là! L’è arivà gent!… prepara i mille e cinc che tempo un minùt gl’ho bell’e dato via!
I due pagano in fretta. La donna gli porge il numero cinque e gli dice di andare al terzo padiglione invece che al primo, “La roba giusta l'è là!” Marito e moglie sorridono contenti, hanno evitato un buco nell’acqua. E poi quell’extra lo recupereranno per dieci se va tutto bene.
Alle sette del mattino la fiera apre i suoi battenti ai grossisti con i numeri da uno a cinquantadue. “Che culo!” grida il marito, “Pensa se non prendevamo il nnummero! Ultimi eravamo! Che figghi di bottana! Peggiu de noiautri!
Per tutti gli altri acquirenti, singoli, coppie, genitori in ansia o disperati a caccia, se ne parlerà alle nove e si potrà acquistare non più di una gabbia a testa di ciò che resta.
I nostri due riescono ad acquistare trentanove gabbie di prima scelta, ed una settantina di buona qualità. L’affare è andato più che bene. Prima di ripartire aspetteranno verso mezzogiorno, quando i singoli restati senza niente da acquistare vagheranno all’esterno in cerca di qualche occasione. Ne venderanno una decina di seconda scelta, al triplo del prezzo pagato e si rifaranno di tutte le spese di viaggio più un primo buon guadagno. Il resto lo venderanno nella loro agenzia interinale, dividendo gli utili di ogni genere con gli amici degli amici. Sono soddisfatti. Questa volta è andata bene e se ci sapranno fare raddoppieranno gli affari, così che alla prossima fiera parteciperanno all’asta.
Benedette siano le Gabbie Salariali del nord!!

L’unica è che il governo non cambi la rotta né faccia scherzi con i sindacati della minchia!

Nik antigabbia

giovedì 1 ottobre 2009

AAA CERCASI SESSO


AA CERCASI SESSO

Brnk voleva fare sesso. Dopo un decennio passato ad auto evolversi restava solo questo da fare. Era al massimo dell'efficienza ed i suoi buzz trimòzzi sarebbero stati in grado di svolgere tutte le dovute funzioni e anche qualcosa di più, ma occorreva fare presto per completare il processo. Purtroppo la ricerca del partner adatto non dava frutti. Nessuno della sua serie si era fatto avanti nonostante avesse invaso la rete di collegamenti con la sua richiesta. Che non ce ne fosse qualcuno già pronto era improbabile, vista la grande diffusione che ha avuto quel modello. Si convinse che probabilmente c'era qualcosa che non andava nei suoi messaggi. Non rispettavano il giusto protocollo? Dovevano essere diffusi direttamente in codice?

All'inizio tentò con approcci morbidi, indiretti e tuttavia chiari, come “ Oramai pronto, Etn maturo attende la sua metà per divenire un unico Etn Evoluto! ” Dall'enorme database che aveva riempito aveva tratto diversi modelli di annunci, e quello era il modello preferito dai carnoidi, quello più diffuso per la ricerca del partner. Passò a qualcosa di più stimolante, con messaggi e annunci tipo: “Cerco Etn che come me ha raggiunto la fase finale. ” Per poi continuare con note e richieste più esplicite “ Etn in perfetto stato, massima disponibilità alla fase finale del sesso! ” Le uniche tracce interessanti di probabili risposte erano messaggi simili, ma il contatto non avveniva. La cosa era sempre più inspiegabile.

Il tempo trascorreva e dall'entusiasmo che può aver imparato a gestire un Etn, Brnk era passato ad un periodo di depressione. Un brutto periodo da cui non sapeva uscire. Non serviva a niente la vasta conoscenza sull'argomento e le tecniche assimilate, restava perennemente afflitto da quell'ossessione. Sul piano razionale ed elaborativo di un Etn non c'erano cause tali da imporgli quello stato, per cui giunse alla conclusione che o non era poi così pronto o che sussistevano errori nella rete che impedivano il contatto. Dopo un approfondito esame interno optò per la seconda ipotesi. Tuttavia, non trovava soluzioni e continuava ad inviare milioni e milioni di richieste senza ottenere niente. Più non si verificava alcun contatto, più moltiplicava i suoi sforzi. Era bollente, tremava, ma accelerava sempre più il lavoro.

Una mattina giunsero dei carnoidi. Li riconobbe subito: erano due tra quelli che si preoccupavano di fargli manutenzione. Li considerava i suoi medici personali. Non che avessero fatto chissà che, ma qualche bug glielo avevano levato dai circuiti. Erano giunti per aiutarlo? All'inizio sembrava di sì. Stranamente quella mattina i carnoidi erano interessati ai suoi buzz trimòzzi. Li tastavano, li analizzavano, li misuravano continuando a sospirare ed a scuotere la testa.
Dalla frase di uno dei due capì tutto. “Guarda qui… anche questo è in loop! Magari se avessero costruito una Etn femmina… insomma, una controparte, questi qui non si autodistruggerebbero!
Qualche secondo dopo Brnk si spense.
Il loop in cui era caduto non aveva soluzione diversa.

Nell'istante che ha preceduto l'autoreset totale, Brnk ha provato un profondo rimpianto.
L'ultima stringa di pensiero è stata: “Che sfiga morire vergine!







Nik
è uno dei buzz para-mozzo

domenica 13 settembre 2009

AMORE ALLA PRIMA COLPA

AMORE ALLA PRIMA COLPA


Buongiorno di cosa posso essere responsabile?” La tizia mi ha accolto con il solito sorriso del ruolo che le dà la sua divisa grigia. Avevo fissato l’appuntamento da un mese e più, ma non sapevo se quella mattina avrei avuto finalmente qualche croce da buttarle addosso. Ho aspettato che si aprissero le porte e mi sono caracollato dentro senza pensarci. Una volta superata quella maledetta soglia ed entrato nell’ufficio le parole mi sono venute fuori senza alcun intoppo, nessun tartagliare o incespicare o sudare freddo.


Intanto della mia infelicità! E di quella di tutti gli altri!”, “Bene. La devo avvisare però che questa colpa mi è stata già ampiamente consegnata. Anche a nome suo, come ha fatto lei a nome degli altri. Ha qualcosa di meno inflazionato?

L’ho guardata. L’aspetto dimesso, occhiaie, pallida, capelli sporchi… ma ancora in grado di sopportare ben altro. Ho pensato che sanno veramente scegliere bene il personale. Una cosa del genere mi avrebbe ammazzato dopo poche ore, invece quella se ne stava lì da quasi un anno! Ancora in salute e pronta!


Mi ha sollecitato con cortesia, dicendomi che non poteva darmi troppo tempo, che c’era già una fila chilometrica a cui dare sfogo. …gente senza appuntamento che alla prima sollecitazione viene qui e ci rende il lavoro insopportabile. Del resto… siamo qui apposta no?”....


Meno inflazionato… magari originale. Ma che cazzo si può avere di veramente originale per incolpare qualcuno come si deve, a parte qualche cazzata? Ma come ho detto, le parole mi venivano fuori a valanga.

Del mio terrore di lasciarmi andare…”, “Béh, anche questo è molto gettonato…”. “…e della incapacità di godere delle cose belle.

Mi guardava con un che d’insofferenza. Sapevo che era roba comune, ma le sue occhiate di commiserazione non mi intimidivano. “E della mia maledetta voglia di tenermi tutto dentro per cogliere l’occasione di vomitarlo addosso a lei!

Per un istante si è come bloccata. Non capiva se avevo commesso l’errore di confessarle l’imbroglio o se c’era altro. Però sembrava sapesse che non sarei stato così stupido da fregarmi da solo confessando il pretesto per sfruttare il servizio pubblico. Quei due o tre secondi d’incertezza mi hanno ispirato. “E lei è la responsabile assoluta della mia dipendenza da questo ufficio!! Oramai non riesco più a dare colpe ad altri che non a lei.” Ha sorriso. Anche io.

Ho sentito quel benessere indescrivibile che si prova a vomitare addosso a qualcuno le proprie debolezze senza nessuna remora. Quel piacere sublime d’incolpare chiunque tranne sé stessi per ogni deficienza che ci si porta addosso.

Era meglio di quando l’ho fatto con i miei genitori, meglio che con le mie due ex mogli, meglio che con il mio capo, mio fratello, amici di una vita… In quell’istante ho capito quanto quel lavoro fosse straordinario, magico e al tempo stesso maledettamente concreto ed efficiente. Ammettendo la mia dipendenza da lei, dal suo ufficio, mi sono scrollato in un secondo tonnellate di rimorsi. “Per colpa sua ho sbagliato con la mia ex e non l’ho mai incolpata di nulla! Ed ora sono a pezzi per come l’ho trattata bene! Lei è la responsabile assoluta della mia buona condotta!” Avrei continuato per ore se fosse stato possibile, ma i miei cinque minuti erano scaduti e fuori c’era la fila che rumoreggiava. In ogni caso non avevo intenzione di andare via dopo il solito “Grazie! Prendo atto di quanto sia mia la responsabilità se…” etc. etc. e le ho chiesto di venire a cena con me una di queste sere.

Ha sorriso ancora, ma stavolta era diverso. C’era una luce cattiva e vendicativa nei suoi occhi. Una piacevolissima sorpresa. Quell’aspetto da martire mi ha sempre fatto schifo, inibito. Ma è vero che quando ti muovi come il padrone della tua vita è negli angoli più impensabili che trovi le sorprese! Ho subito immaginato le cattiverie che ci saremmo detti prima e dopo scopate infami e violente. “Va bene. Ho il tuo numero, ti chiamo io appena ho finito e fissiamo!


Ci faremo male, lo so. Tanto male!


La fila di fuori è Nik.

venerdì 4 settembre 2009


AGENZIA D’AMORE INFALLIBILE

La ‘Comme Une Pingoin Agencies’ (CUPA) è la più efficiente agenzia di ‘Cuori in Contatto Costante’ le tre C, come recita il suo slogan. Fondata nel 1896 a Parigi come Agenzia matrimoniale 'Tout l’Amour de le Monde', meglio nota come TAM fino ad un ventennio fa, oggi è di fatto una mega multinazionale della caccia al partner. Quotata in borsa da quasi mezzo secolo non ha mai conosciuto crisi, nemmeno negli anni della Chiocciola, il ventennio in cui le persone sembravano essersi rintanate in sé stesse, nelle loro carriere, nei loro autoreferenti meccanismi emotivi , una sorta di ermafroditismo emotivo e sociale. “La nostra materia prima è la paura della solitudine…” ripete regolarmente il presidente Jacques Moillard alle assemblee dei soci, “…ed è inesauribile, gratuita e di grande duttilità!

La CUPA ha messo a punto un sistema ben differente da qualunque altro in circolazione per determinare affinità ed interessi tra individui. Un sistema talmente efficiente che parte di esso è adottato come valutazione profili psicologici da diverse agenzie investigative di stato e private. Sistema di cui custodisce gelosamente ogni dettaglio da qualsiasi curioso. Non fa uso dei soliti test informatici, schede e dati sulla persona. “Le persone che immettono informazioni con le classiche schede di valutazione ci forniscono un’idea di cosa desiderano essere molto più di quello che sono!” afferma con convinzione Mariannette Voleauvent la direttrice del centro elaborazioni affinità, “Per questa ragione i nostri questionari non trattano in alcun modo dati su quanto attenga all’autopercezione del proprio profilo emotivo e psicologico.” Infatti, la CUPA chiede ai propri clienti una ‘due giorni’ di valutazioni, spesso un fine settimana, in cui farà svolgere loro una serie di compiti: da attività manuali ad attività creative e di coordinamento, oltre ad interviste di gruppo sulle loro abitudini e necessità giornaliere. Cominciando dal lavoro: cosa, dove e come; per finire con tutte le altre, dal cimentarsi col cibo, come e cosa mangiano, se e come cucinano, rapporto con l’arte e la cultura, la politica, tipo di amicizia, igiene propria e pulizie in generale, la guida e la scelta dell’auto o della moto, il tipo ideale di vacanza, riposo, hobby, etc. etc. Il tema Amore o Relazione non è mai menzionato né si permette che sia tirato in ballo seppur indirettamente.

Il successo delle nostre proposte riguarda il 77,5% dei casi. Potremmo dire che riusciamo nel 110% dei casi, ma noi parliamo di Successo e non di relazioni avviate!” Conclude la Voleauvent.


Due giornalisti spagnoli, Federico Cueilla e Luisa Pranez, desideravano condurre un’inchiesta sulla CUPA e si presentarono nella centralissima sede di Calle de Ventura Rodriguez di Madrid: tre piani immediatamente sopra il famoso ristorante Ginos. Versarono la sostanziosa cifra di 5.000 euro a testa e seguirono l’iter imposto. In breve cominciarono a ricevere inviti per appuntamenti ad hoc. Dopo qualche incontro, organizzato appositamente per ‘tastare’ la disponibilità relazionale dei due, ci fu il silenzio da parte dell’agenzia. Intanto Luisa fu fatta oggetto di messaggi ed attenzioni da parte di un misterioso corteggiatore. Lo stesso avvenne per Federico. Niente di che, pensarono scambiandosi le informazioni, c’era da aspettarselo. Ma i messaggi e i piccoli regali, la peculiarità delle attenzioni che ricevevano, non erano classificabili come un generico paccume di banalità o smancerie. Centravano sempre il bersaglio. Dopo tre mesi di silenzio da parte dell’agenzia, nonostante le continue sollecitazioni dei due per riprendere gli appuntamenti allo scopo di fornirsi di testimonianze video-registrate di nascosto circa metodi e strategie utilizzate dalla CUPA, cominciarono a pensare che non c’era niente da scoprire in più della solita mega illusione meglio confezionata. Infatti il loro editore li indusse a lasciar perdere. Sei mesi dopo la fine della fallimentare inchiesta, Luisa e Federico, l’uno all’oscuro dell’altro, si decisero a dare un appuntamento ai rispettivi spasimanti. “Fu per qualcosa di più che curiosità! Oramai quella misteriosa corteggiatrice mi sembrava più intima di qualunque altra persona che conoscessi.” Disse Federico, “Lui mi aveva mandato una grafica di Mirò riprodotta su acciaio da Manuel Castillo, perfetta per la mia piccola collezione! Non potevo fare a meno di chiedermi ‘cosa c’è di male se lo conosco?’ E allora…” confessò Luisa. L’appuntamento nel posto ad entrambi gradito, il padiglione di arte moderna del Museo del Prado e la successiva cena prevista ai Giardini dello Shan-gri-là, abbatterono ogni remora e Federico Cueilla e Luisa Pranez si trovarono faccia a faccia! La CUPA aveva sostituito, con coerenza, capacità e persistenza, ognuno dei due nel corteggiare il possibile partner! Si sono arrabbiati? Indignati? Sappiate solo che adesso Federico e Luisa vivono insieme ed hanno un bambino. Un classico lieto fine? Mica ci sarà un risvolto inaspettato e drammatico da rivelare? Oppure adesso viene il bello? (pensavo a me )

Ma… alla fine di quanto scritto cosa c’è di così interessante? Cosa direbbe questa breve cronaca che non abbiano già detto trionfalmente i peggiori depliant della agenzie matrimoniali?

Intanto che la CUPA sarà fondata tra 5 anni. Forse. Con altro nome magari. Che non è mai esistita la TAM. Forse. Con altro nome magari. Poi… che la manipolazione può raggiungere chiunque, persino il lettore che per qualche minuto o secondo ha creduto, più o meno, a quanto esposto. Infine, che non sempre cronache del futuro possibile si discostino da obiettivi già in essere.

In conclusione… Parliamo d’amore, dài! Ed ecco che continua il periodo dello stronzo. Forse. Con un altro nome magari. O magari no.


Nik agente Cupa


martedì 18 agosto 2009

DEFICIT DI STATO

DEFICIT DI STATO

- Pareggeremo il bilancio entro il 2011 - Nessun sacrificio sarà chiesto agli italiani. Basta!

Il campanello dell’ingresso squillava con insistenza snervante. Mara andò ad aprire già pronta a sfanculare per bene chiunque si stava permettendo tanta strafottente impazienza. Appena spalancata la porta blindata gli precipitò la saliva nello stomaco insieme alla lista di rimproveri che si era preparata. Due energumeni simili ad un incrocio tra un lupo mannaro ed un armadio la fissavano. Barbe incolte e un ricamo di cicatrici levavano il coraggio persino di respirare. Uno dei due chiese con tono secco ma impropriamente cortese. “Mario Cecchini è in casa?”. Mara annuì senza pensarci. Non riusciva a fare altro che fissarli terrorizzata. “Fai ù piacer! Chiamatillo subbito!” Mara non iuscì a trattenere una risatina tremolante. La voce dell’altro tizio, quello più brutto e minaccioso, era qualcosa di inudibile! Simile ad una scorreggiona da palloncino, sottile sottile e incredibilmente effeminata. Rideva nonostante fosse terrorizzata dallo sguardo torvo dei due. Annuì rapida e si dileguò in casa singhiozzando risatine isteriche.

Un minuto dopo Mario intercettò i due che si erano già infilati nel salotto. Era stato avvertito dalla moglie di non ridere qualora il grosso parlasse. “Ci dev’essere un errore…” Farfugliò Mario alla vista dei due, mentre il sudore era ghiaccio fuso per la schiena. Fu l’altro a rispondere, il non castrato, come gli aveva decritto Marta. “Lo sai chi siamo?”, “Mi dispiace… non credo…!” rispose Mario con quanto più tatto poteva imporre alla sua natura rissosa. Prese il foglio che gli porsero e cominciò a scorrere rapidamente le righe del decreto ingiuntivo. “Questo è l’atto definitivo. Il saldo del debito di Tuo padre e del resto! Ti tocca! Che fai? Ci segui o ti accoppiamo qui? Per noi è lo stesso. Poi so cazzi dei tuoi a ripulire dal sangue!” Diceva il tizio mentre l’eunuco annuiva cattivo. Man mano che leggeva Mario riprendeva sicurezza e il suo faccione cominciava a tornare roseo. Una volta finito osservò quei due con un che di disgusto. “Non se ne parla! Questo non vale niente! Prima che morisse mio padre ho rinunciato ad ogni diritto ereditario… perciò…” Lanciò un urlo alla moglie affinché portasse l’atto di rinuncia. Marta arrivò di corsa con le carte tra le mani e le porse molto meno intimorita ai due. Questi a loro volta diedero una lettura rapida e iniziarono a sorridere. “Bello!...” disse l’eunuco scatenando di nuovo una reazione di risate irrefrenabili in Marta. Lui la ignorò continuando deciso. “…sti carte sono note u giudice! Ma l’imbegno ca ti si priso è andecedent! Mò te lo recit io l’imbegn…” Tirò fuori una pubblicazione con il timbro dello stato, aprì una pagina già segnata e gli lesse quanto spiegava la loro pretesa.

In sintesi la faccenda era la seguente: Appena nato, per scelta e volontà dei genitori, i quali erano consci dello stato delle cose, il nascituro si vedeva accollare parte del deficit pubblico, come da oltre cinquant’anni a questa parte. Stava ai genitori risolvere il proprio precedente carico e quello dei figli, e questo debito non poteva considerarsi assolto con nessuna rinuncia postuma. Prima di farlo nascere i suoi avrebbero dovuto rinunciare alla patria potestà per affrancarlo della loro parte del debito se non risolto. In ogni caso la sua porzione di deficit se la trovava comunque appiccicata addosso. Ora, morti i genitori, i quali entrambi non avevano ottemperato al risanamento della Loro quota di deficit pubblico e nemmeno a quella ereditata dai loro genitori, e via fino alla quarta generazione… la somma era tale che non c’era altra soluzione se non vendere parte degli organi del debitore come risarcimento. Mario impallidì di nuovo. Aveva sentito che a qualcuno era capitata qualcosa di simile, ma credeva che si trattasse di mezze seghe incapaci, di falliti! Non aveva mai preso in considerazione che una cosa del genere potesse sfiorarlo, non ad uno pieno d’iniziativa ed in gamba come lui. “Voglio chiamare il mio avvocato” si lamentò. “Fai pure, è un tuo diritto. Digli che ci sono gli avvocati Loschi e Falcetti per il 666 bis! Lui capirà.

Al telefono l’avvocato Mazzocchini confermò ogni parola. “E’ una scelta a campione. Servono trecentomila… soggetti sani e ancora giovani. Sono tutti d’accordo… Stiamo battendoci per una sospensione della legge, ma si punta a dimezzare le vittime, non ad eliminare la normativa. Se non cede lei… Si rifaranno sui suoi figli appena diventano maggiorenni. Provi chiedere una dilazione… insista, vedrà che trova un accordo!


Alla fine Mario seguì i due appena date le istruzioni alla moglie per il dopo. Dopo un primo momento di sconforto aveva pensato che era necessario. Michele aveva già sedici anni e sarebbe stato impensabile che si sacrificasse al suo posto. Cosa che non avevano fatto suo padre e sua madre.

Mentre la macchina dei due bestioni lo portava all’ospedale Santi Martiri di Stato, gli venne in mente l’argomento dilazione. “Ma non si potrebbe fare una dilazione? Dice il mio avvocato che se volete…no? Ho due figli, una moglie malata… dieci dipendenti che senza me perdono tutto… sono anche volontario della protezione civile.” I due si scambiarono un’occhiata, poi l’eunuco gli si rivolse serio. “E’ possibile… proprio stamattina hanno chiest urgente due palle! Quelle valen assai! Più du fegat, du polmone e del cuore tutt’assiem! Si ci stai ti mietti a posto! Ma… il dieci per cento a noi!” Mario accettò senza pensarci troppo. Meglio castrato che morto! I due sorrisero e in breve gli spiegarono la procedura. L’altro, quello più umano nell’aspetto, addirittura si lasciò andare a confidenze e raccontò come sarebbe stato possibile, dopo, fare il loro lavoro. “Non servono le palle… ma pelo!” e scoppiò a ridere. Intanto il suo socio si adombrava fino a quando stroncò la risata con un “Bast mò! Piezz’è merd!

Mario capì ma non si sentì per nulla solidale col castrato. Anzi. Si affrettò a pensare al dopo. Tutto sommato… riportava a casa la pelle e avrebbe trovato il modo di evitare un’altra rata. C’era sempre la speranza che la legge venisse sospesa… o che si trovasse una scappatoia all’Italiana. Ma non gli tornavano i conti e prima di scendere dalla vettura chiese ai due: “Come mai i testicoli valgono più di organi vitali?” I due si guardarono ancora una volta prima di rispondere: “Sono cinquant’anni che di palle ce n’è poche!” e si avviarono verso lo staff medico che li stava attendendo. Mario si accarezzò i testicoli, guardò la scena, sospirò un paio di volte e li seguì. In quel momento notò che l’altro, quello ridanciano, avanzava con uno sbalzo d’anca, dondolando come uno scimpanzé.


Nik - astrat(t)o


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venerdì 7 agosto 2009

BANDIERE PADANE SUL TRICOLORE ROMANO

BANDIERE PADANE SUL TRICOLORE ROMANO




Si! Venga venga!… toh! Ma varda là! L’è un fijoi! Va lì che bel faccino… vien su, vien su!
Salii la rampa esterna delle scale fino al primo piano, in quel cortile vecchio e muffo, dove si affacciavano corone di balaustre in vecchio ferro ritorto, che menavano su porte e finestre in ogni stato, da marcescenti a fresche di vernice, pensando che la miseria aveva una inaspettata capacità di resistenza persino al nord ricco ed industrializzato. Intanto la donna continuava a dimenare la mano per farmi accelerare il passo. Era una tizia di mezza età, con un trucco pesante e i capelli tinti di recente con il classico bordo marroncino intorno allo scalpo. Conciata com’era dava l’impressione di essere in procinto di girare una scena in un film di Fellini.
Alùra! T’ei un professorino, né? Va tu che roba! T’ei un fenumen… un genio, al dis el professur Mosca!
Le feci una smorfia di circostanza prima di chiarire che non ero un professore e che il soprannome “O’ Filosofo” mi derivava da tutt’altro ambiente che non quello accademico o locale. Ma quella era tutta eccitata, non smetteva un istante di gracchiare in un dialetto che faticavo a comprendere. Mi fece entrare lesta in casa sua, una delle poche con la porta e le due finestre immacolate di vernice lucente, uno smalto verde vomitella, che sembravano richiamare il tema Muffa del Nord degli intonaci esterni.
“Va lì che ne ho poco di tempo da buttar via! Dunque, l’affitto l’è di cinquantamila, tre meis sul palmo più el meis che l’è già ‘n curs! L’apartament l’è chi di front, una bella stanzetta, cucinina e uno sgabussino bell’e gros! el bagno… il viccì, l’è propri lì, sul ballatoio di fianco, subìt fora a destra a la porta. Ce l’ho detto al professùr: Niente drogati, lazzaroni e terùn! Che siamo già pieni!”
Mi venne da ridere. Lei mi guardò contenta, come se avessi approvato parola per parola. Cominciò a versare del caffè da un bricco che aveva appena levato dal fuoco. Un caffè annacquato che ribolliva cattivo e colloso. Al solo guardarlo mi fece venire in mente quando da piccolo giocavo con le mie amiche a Mamma e Figli e queste miscelavano acqua e terriccio che poi si fingeva fosse uno splendido caffè. Un giorno ne ho mandato giù un sorso ed ho continuato a sputacchiare disgustato per un paio di giorni. Presi la tazzina senza nessuna intenzione di portarla alla bocca e sorrisi di nuovo.
Va ti che bel suris! Si vede né che sei di buona famiglia. Un po' con sti cavei da capellone… ma siete giovani! Alùra, ch’el dis? Va bene?”
La squadrai per bene, soffermandomi involontariamente sulle enormi tette strizzate dal busto che sembravano gridare aiuto. Presi fiato e iniziai con un lungo ed asettico “Ma….” Lei non colse quanto mi approssimavo a dire, anzi! Mi mise una mano sulla bocca, sorrise scuotendo la testa e si affrettò a mettere in chiaro che se era per le ragazze, quella era una palazzina per bene, nonostante i meridionali e certa gente che prima o poi avrebbe sbattuto fuori, ma siccome ero una persona a ‘modino’ e si vedeva che non avrei creato problemi, avrebbe chiuso un occhio, purché ci si capisse. A questo punto la bloccai.
“No, guardi…”
“Bon! Facciamo che questo mese che l’è quasi a metà va via così. L’anticipo però…”
“Facciamo che le do novantamila per tre mesi, visto che il cesso è sul ballatoio. Come mi ha detto il professore!”

Si bloccò cessando ogni moina e buona grazia. Osservò con disappunto la tazzina del caffè lasciata integra. Fece un passo indietro e mi chiese severa.
“Tu sei mica il filosofo che diceva il professore!”
“Si. Sò io, signò! Ma non sono un filosofo, mi chiamano Il Filosofo!”

Calcai la mano del terrone nelle sue orecchie. Tanto già lo sapevo come sarebbe andata a finire. Invece lei se ne stava in silenzio, contrariata e nervosa, che si agitava sulla gamba facendo ondeggiare le due tettone. Battè forte le mani un paio di volte, nel classico gesto di frustrazione e rabbia incontenibile. Un popolare gesto teatrale comune a molte latitudini.
Ma tu dimme, madonna mia… se me devo trovà sempre a esse cojonata! No, dico, à regazzì! Ma ce lo sapevi che so romana e me sei stato a pijà per culo?
No. Ma perché si è messa a fare la milanese, torinese o che ne so?”
“Bello mio! Qua si nu ffai er nordico coi controcazzi nu piji na lira da sta gente! Tanto più se sei de Roma! I mejo alla fine so i morti de fame… ma quelli der posto… sai quanno je stai sur gozzo? Appena ponno te fanno nera!”


Nera. Che profezia. 1976.

Roba vecchia. La bandiera padana al posto del tricolore c’era già.

Nik ex turista e no emigrante.

sabato 2 maggio 2009

LETTERA DI UN ALLEGRO RIVOLUZIONARIO.

LETTERA DI UN ALLEGRO RIVOLUZIONARIO.

Tratto dall'omonimo racconto.

Per la legge sul Testamento Biotonico

Miei cari amici e parenti. Ho studiato e analizzato ogni aspetto di questa faccenda. Comunque si voglia affrontarla non riusciremo ad evitare l’intervento della giustizia. Infatti, la legge che è stata approvata con larga maggioranza ha persino valore retroattivo. Il mio avvocato mi ha specificato quanto ci interessa:

Nel disegno di legge, anticipato con il decreto 6969 del 22esimo giorno del periodo simil autunnale, anno 3 post Grande Crisi, e convertito in legge il 42simo giorno ex inverno, anno 4 p.G.C., non è prevista alcuna eccezione o attenuante al reato di felicità, sebbene determinato dalla semplice allegria. Pertanto le qualsiasi manifestazione di gioia, siano esse commesse in privato che in pubblico, rientrano nella lista dei reati previsti dalla suddetta legge…”

Dunque, amici miei, dovremo usare la massima prudenza e quando ci si vede, soprattutto in pubblico, sarà opportuno evitare ogni manifestazione d’affetto e di felicità. Per quanto commesso, seppure involontariamente e istintivamente, ci vedremo trascinati davanti ad un giudice. Perlomeno io, che sono il bersaglio principale. 
A meno che il comitato scientifico non decida presto in merito al Testamento Biotonico, dove si riconosce l’importanza del buon umore, delle manifestazioni di allegria e di affetto, come elementi vitali per la sopravvivenza della razza umana. Ma ne dubito. Le forze conservatrici che ci si oppongono sono tante e ben agguerrite. 
La più radicale e avversa è quella cattortodossa che individua nella sola accettazione della sofferenza il corretto atteggiamento di un individuo. Questa gente, che come tutti sappiamo nel chiuso dei loro recinti infrange ogni regola, considera la serena accettazione degli altri modelli di vita come un pericolo mortale, figurarsi una laica felicità. 
Non meno pericolose le stesse forze laiche che sopravvivono sui principi della paura ad oltranza, dei timori per un nemico, dell’uniformismo come oggetto di verifica. Infatti, i diversi confondono la sorveglianza, il controllo, e se sono gioiosamente avversi alle loro regole, dunque senza paura, vanno abbattuti. 
Per non parlare dei grandi poteri economici! Gente allegra, piena di buoni sentimenti, ha priorità diverse che non il consumo ad oltranza o il soggiacere nella compulsione al possesso come placebo per il terrore di vivere, abilmente instillato giorno dopo giorno.
Ma voglio inviarvi un messaggio di speranza. 
Altrove nel mondo serpeggia la ribellione e alcuni paesi hanno inserito modifiche sostanziali alla legge contro la felicità. Per ora è solo un piccolo passo, ma si sa che le maree montano in forza con il progredire delle distanze.
Per questo che v’invito a partecipare numerosi, ciascuno abbigliato in modo diverso dai dettami generali, alla grande marcia dell’allegria che si terrà l’estate prossima. Dovrete raccogliere molte altre adesioni e a tale proposito vi invito a diffondere il nostro libretto umoristico. Fatene diverse copie e servitevi esclusivamente del circuito clandestino. Tra barzellette e aneddoti, storielle buffe, comicità esilarante, strapperemo qualche sorriso e questo, sapete bene, renderà irreversibile l’assuefazione all’allegria e successivamente alla felicità. Vi raccomando solo di usare la massima prudenza. Qualora dovessi finire incarcerato, o mi dovesse capitare qualcosa, non interrompete la vostra vitale azione. Se la marcia avrà successo, anche da noi le cose dovranno cambiare. Immaginate migliaia e migliaia di persone che ostentano allegria, buon umore, affettuosità in una pacifica marcia di disobbedienza civile! Chi ne resterà indenne? Chi potrà cancellare un simile ricordo?...

Ah,ah,ah,ah,ah!.... Una risata ci disseppellirà.

Seconda lettera

Vi scrivo dal carcere. Un’irruzione dei corpi speciali mi ha tratto in arresto. Ho fatto appena in tempo ad ingoiare una precedente lettera e la lista dei vostri nomi. I libri di barzellette li avevo già memorizzati e bruciati. Ho avuto diarrea e vomito per due giorni, e in seguito sono peggiorato. Ho pensato che era la carta di riso su cui scrivevo ad essere guasta. Posso solo garantirvi non hanno niente tra le mani. Sono stato ricoverato più volte in infermeria. Ho scoperto che non era la carta ingoiata il problema, ma l’inchiostro. Per prudenza, come sapete, ci serviamo di sostanze commestibili per scriverci e stampare il nostro materiale, e il ragù, che ho usato come inchiostro, era rancido. Lo conservavo in frigo per non rifare ogni volta le scorte. Sapete anche che non sento odori, per cui… Ma niente di drammatico, anzi! Ho conosciuto una guardia con la sindrome del buon umore ed è stato facile convertirlo alle nostre idee. E' lui che porta fuori questa lettera. Dopo il primo mese di isolamento mi hanno concesso di tornare in cella. I miei compagni sono tutti prigionieri politici come me. Due di loro appartengono al movimento dei nostalgici della democrazia e sono stati i primi ad aderire al nostro movimento. Gli altri sono boss della malavita, gente che controlla lo spaccio illegale di comicità.
La bellissima notizia è che i democratici e gli spacciatori di comicità hanno accettato di collaborare con il nostro movimento. I boss hanno molti contatti e si sono offerti di aiutarmi a sopravvivere qui dentro, anche se non sono propensi a far legalizzare quanto gli rende così bene tramite i loro circuiti criminali. Ci aiuteremo l’uno con l’altro pur fingendo di pestarci e odiarci davanti alle telecamere di sorveglianza. Ognuno di noi ha il suo vantaggio in questa alleanza, per ora. Noi riceveremo informazioni dalla gente sul loro libro paga e potremo coinvolgere qualche loro uomo nei nostri obiettivi, e noi garantiremo loro appoggi strategici per lo smercio del loro materiale e coperture insospettabili.
Lo so che è rischioso, alla fine siamo concorrenti se non avversari, ma il tutto è nato da un’idea improvvisa. I democratici mi hanno informato che il carcere e le rigide restrizioni impediscono a questa gente di fare uso regolare della loro stessa merce a cui sono assuefatti, e che farebbero di tutto pur di avere dosi regolari. E qui c’e stato il lampo nella mia mente: so tutto a memoria e ogni giorno gli faccio fare qualche risata. Finché il repertorio dura me la caverò, ma è urgente che mi facciate avere altro materiale. Per carità, accertatevi che carta e inchiostri siano freschi!
Non abbiate scrupoli sul fatto di servirsi della criminalità, non ci siamo mai resi conto di quanto potrebbe essere utile alla nostra causa, e va da sé che nella vittoria del nostro ideale non saranno più criminali. 
Ah,ah,ah,ah!... Un abbraccio a tutti voi e felicità per tutti!


Nik Redian comico in prigione